Questi nostri figli
Questi nostri figli, chi sono?
Di fronte alle notizie che scorrono veloci sui media, social e TV e ci parlano di violenza, femminicidio, omicidio il mio cuore si fa piccolo. Spesso smetto di seguire gli aggiornamenti dei fatti in corso, che mi parlano di dovute ricerche e legittime indagini, ma soprattutto di ansia, attesa, disperazione, dolore. Mi parlano attraverso i sorrisi di chi è andato via, per mano violenta.
Faccio fatica a stare in questa dimensione. Nessun uomo dovrebbe poter arrivare ad uccidere un suo simile.
Se poi le vittime sono ragazze giovani, in attesa di un bimbo o ad un soffio dalla discussione della tesi, impegnate in progetti di vita belli e importanti, il cuore tace e sanguina.
I giovani visi di donna, sorridenti e luminosi, sono quelli che lo schermo ci propone: fanno pensare alla voglia di vivere, annullano il pensiero della morte….eppure la sorte che è toccata a tante di loro scrive la parola “FINE”.
Un pensiero triste mi assale: vittima e omicida sono figli di questa società. Sono forse vittime entrambe di un mondo che pare aver perso il lume della ragione, la capacità di reggere alla sconfitta, il senso e l’importanza della vita?
Lasciarsi coinvolgere per capire
Siccome la coscienza è attiva e sono madre, nonna, zia io temo per il futuro dei miei ragazzi che stanno vivendo in un mondo di brutture. Ma serve dominare l’impulso che, di primo acchito crea spavento: serve farlo per comprendere.
La mente si mette in opera e i pensieri sgorgano irrefrenabili, interrogano, divengono pressanti.
Le domande affiorano e cerco di dare risposte attraverso letture, interpretazioni psicologiche… certo non basta a riportare la serenità, a spiegare tanta ferocia, tale efferatezza nel gesto. Una domanda in particolare mi assilla.
Chi sono davvero questi nostri figli?
Dopo l’ultimo femminicidio, oltre il dolore e la paura, prevale lo sgomento perché – leggendo le dichiarazioni dei genitori del presunto omicida, stupiti del gesto del loro figlio – una domanda vince prepotentemente su tutte: ma chi sono davvero questi nostri figli? Li conosciamo? A volte si presentano a noi come esseri incomprensibili.
Eppure ci sembra di conoscerli, li abbiamo cresciuti con i nostri valori. Li abbiamo amati e formati alla vita. Questo è ciò che pensa ogni genitore, anche quelli che, nell’educarli hanno ignorato il male che gli si fa, sottraendoli alle esperienze più faticose, frustranti e dolorose. Per proteggerli.
E se servissero qualche NO in più e qualche SI di meno? Per fare loro del bene, per guidarli nella conquista di obiettivi, per insegnare ad assaporare la conquista vera… Forse molto sta in questo. a volte è difficile dire NO, ma è più efficace.
Insegnare la vita, creando un’ impalcatura solida
Quale educazione? Quella fondata sulla scelta di modalità utili per insegnare a questi nostri figli ad affrontare la vita, un viaggio meraviglioso spesso sfidante, che è soprattutto questo: un percorso fatto di gioia e di dolore, di coraggio e di paura, di avere e dare, ma soprattutto di rispetto della libertà della vita e dei sentimenti dell’altro.
Il rispetto, la rinuncia, la lettura della realtà… Insegnare loro ad affrontarla con calma, intraprendenza e coraggio questa strana realtà – anche se spesso tradisce, inganna, rischia di stritolare fra i suoi meccanismi – significa dar loro strumenti, guidarli ad affrontare la vita, crearsi una personalità strutturata, un carattere resiliente. Serve insegnare il coraggio per affrontare la sconfitta e il fallimento guardando ad essi come punti di forza anzichè come insuccessi, disastri, rovina. Certo: dipende da come li guardi, come li vivi.
Con noi accanto.
Per conoscere se stessi, per trovare la propria identità più profonda, per divetare forti.
Importanza dell’educazione emotiva
Serve fornire capacità di gestione delle emozioni, dei propri stati emotivi, serve guidarli a capire l’autenticità dell’ amore, la bellezza di un “modo d’amare” sano, che coniuga individualità, libertà, complicità, condivisione. Per far comprendere che amare è il contrario di possedere, violare, uccidere!
Servirebbe una scuola nuova per genitori di figli che vivono in tempo complicato, fatto di materialità, di fluidità, di “tuttoesubito“.
L’educazione emotiva potrebbe diventare una materia scolastica? Forse sì… un programma da affrontare e svolgere insieme alle famiglie, fin dall’infanzia e poi nel delicato periodo dell’adolescenza. Anche l’educazione emozionale e affettiva richiedono attenzione, alla stregua di quella cognitiva.
Tuttavia, cito un quotato giornalista, << si potranno organizzare tutti i corsi scolastici di “educazione all’affettività”, sempreché si potesse insegnarla dalla cattedra in un’aula avulsa dai veri educatori dei nostri tempi: cioè i social network, la tv, il cinema, la strada, gli amici e tutti i “modelli” di riferimento” che oggi arrivano molto prima e molto meglio dei maestri, dei professori e dei genitori. E alla fine vincono, nella cacofonia che ha ucciso il silenzio.>>
Invece è l’ora del silenzio, della riflessione, dell’esame di coscienza almeno davanti alla morte, al dolore, alla disperazione.
O saremo destinati a diventare una generazione involuta, fatta di perdenti.