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Il Natale arriva per Alice
Spiritualità

L’ arrivo del Natale per Alice (parte seconda)

L’arrivo del Natale per Alice  

L’ arrivo del Natale per me pare impossibile. Entro in chiesa. Cammino con lentezza, percorrendo la navata laterale fino alla nicchia che raccoglie il Presepe.

L’arrivo del Natale  per Alice è ammirazione del Presepe

L’ arrivo del Natale per Alice è la magia del Presepe. Bellissimo, imponente nella sua maestosità. Le statue sono ben disposte: chi ne ha curato l’allestimento, lo ha fatto certamente con l’amore verso questa antica rappresentazione storica e mistica.

Ho sempre pensato che il Presepe sia, per ognuno, la possibilità di onorare le proprie origini, attraverso la rappresentazione della Sacra Famiglia, quella di Gesù, nato povero tra i poveri. L’arrivo del Natale sta in questo Mistero.

Quello che ho davanti ne è la perfetta raffigurazione. Respiro in profondità a suggellare questo momento magico.

Un benessere così lo attendevo da tempo. Mi siedo nel primo banco e lascio andare la mente. La bambina che sono stata e che è sempre in me affiora e mi parla con dolcezza attraverso la voce del cuore.

Perdersi nei ricordi e provare gioia

L’arrivo del Natale per Alice è tornare al passato infantile.

Bimbe, oggi è l’8 dicembre: ricordate che festa è?” La voce di mia madre torna, mi pare di sentirla, squillante e gioiosa. “Come no? Ma è la festa dell’Immacolata Concezione e, come ogni anno noi si prepara il presepe! Svelte, ho già portato giù  tutto, recuperato dal solaio!” Sorrido, chiudo gli occhi e mi abbandono alla dolcezza dei ricordi. E la scena mi si svela, magica e commovente, come dietro un sipario che si apre con studiata lentezza.

Ogni periodo d’avvento accadeva questo, a casa mia

Era proprio così. Eccitate e affannate, con mamma che ci guidava, noi si cominciava a preparare la base con le assi di legno, il fondale con la carta blu stellata, un cielo di notte che era una meraviglia. Poi la grotta con la carta roccia tutta stropicciata, fino a creare un anfratto che pareva vero. Una grotta in piena regola.

Pian piano il Presepe assumeva forma

L’arrivo del Natale per Alice è rivivere una bella esperienza.

Veniva il momento della posa delle statuine di gesso, colorate ad arte: visi in miniatura, rosa pallido, delineati nel minimo particolare a dare espressività, quella adatta al ruolo: la contadina, l’arrotino, il falegname, il mugnaio.

Nella grotta prendeva posto la natività, con Maria china sul figlio Gesù, un viso rapito come quello di una mamma innamorata che ha generato la sua creatura, ma in questo caso con qualcosa di più: la magia della sacralità.

Accanto le ponevamo Giuseppe in ginocchio con il bastone in pugno, a onorare la nascita e a proteggere madre e figlio, rispondendo a un ordine divino, con umiltà e obbedienza.

Presenze diverse a completare la scena

Il bue e l’asinello completavano la scena nella grotta. E poi, tutti sparsi, i pastori. Ciascuno diverso da un altro, con gli abiti poveri resi reali dai colori un po’ sbiaditi, con i rossi e verdi in contrasto, i neri e grigi accostati a creare l’idea dei panni spessi e delle calde lane, per proteggersi dal gelo nella Notte Santa.

Seguivano le greggi con le pecorelle di lana, il cane che beveva al ruscello di carta argentata. Qua e là ancora la gente del popolo con gallinelle e oche, portate in omaggio al Bambinello.

Presenze venute da lontano, a onorare il Bambinello

Ammiravo la bellezza dei Re Magi, i saggi venuti dall’Oriente a onorare il Messia.                                                                                                  La stella cometa di cartone ricoperta di brillantini (che ogni anno necessitava di un buon restauro per ridarle la sua luminosità, come conveniva) trovava il suo posto sulla grotta, all’ultimo.

Il Presepe: quasi un gioco infantile vissuto con grande rispetto

Il mio presepe era una tappa mattutina e serale: per osservare orgogliosa quel capolavoro, per spostare le statuine, per recitare una preghiera, per attendere il giorno in cui finalmente il piccolo Gesù sarebbe stato deposto sulla paglia, accanto alla mangiatoia.

Assaporo questo quadro che mi riporta indietro di molti anni, ma è talmente presente da sembrare concreto.

Poi, nella Chiesa accade che…

Una musica soave emette le note di “Adeste fideles”. La melodia mi avvolge e mi riporta alla Novena di Natale: si andava ogni sera in chiesa per recitare le preghiere del tempo di Avvento, nove giorni prima del 25 dicembre.

Un nuovo ricordo, quello della preparazione, nel periodo dell’ Avvento

Il Natale era in arrivo. Ricordo che anche allora, mentre fissavo il presepe allestito accanto all’altare, mi chiedevo come fosse possibile che da Maria Vergine fosse nato il Bambino e che San Giuseppe fosse definito padre putativo di Gesù. Comprendere il senso era complicato, nessuno me lo spiegò mai tanto bene da sanare la mia curiosità.

Il mio primo atto di Fede

Lo accettati così, come si accetta qualcosa di ineludibile. Forse feci il mio primo atto di fede. Ma c’era altro.

Io, bambina curiosa e per natura già introspettiva, mi chiedevo perché Dio Padre buono, che con la venuta di suo figlio Gesù aveva inviato la Buona Novella in terra e creato il Natale come festa di Amore e Pace, permettesse che nel mondo ci fossero persone povere, senza casa, cibo, lavoro e persone ricche che, egoiste, spesso guardavano agli umili con sufficienza e distacco. Un’ingiustizia degna del male.

Sapevo che per molte persone il Natale arrivava nella guerra, nella perdita, nel dolore. Mi chiedevo che Natale potesse essere senza una famiglia, una casa, dei doni, un pasto caldo. Priva di risposta, mi sentivo smarrita, profondamente impotente e arrabbiata. Ero solo una bambina, ma quel pensiero mi tormentò a lungo, per me inaccettabile. Mi pareva un controsenso e lo era certamente.

Cercai di darmi una spiegazione, logica per un bambino: convogliai tutto nella radice della cattiveria che è insita nell’animo umano. Ne fui molto triste. A me quel ragionamento creava sofferenza. Al Catechismo mi insegnavano che l’uomo deve vivere in pace, che siamo tutti fratelli, figli dello stesso padre, ma io vedevo una realtà diversa. Nell’impossibilità di fare di più, per quel momento, me lo feci bastare.

Mi rendevo conto che ero di fronte a qualcosa più grande di me. Nonostante ciò, sviluppai un carattere incline alla solidarietà, all’aiuto, alla disponibilità. La mia malinconia, quella che addebitavo ai fatti della mia vita, aveva forse origini profonde, radicate nell’infanzia. Oggi, come allora, l’uomo è prigioniero dell’egoismo. Spinto dal desiderio di potere, dall’arrivismo, dall’individualismo.

Ancora oggi vivo spesso una condizione simile: mi accade ogni volta che assisto a un sopruso da parte del forte sul debole, quando incontro la povertà, se mi scontro con la presunzione, la prepotenza e l’arroganza.

Già allora, bambina, mi chiesi che cosa potessi fare per provare a cambiare le cose. Iniziai a schierarmi dalla parte degli umili e degli ultimi, aiutandoli. A cominciare da ciò che nel quotidiano vedevo a scuola, nei giochi, all’oratorio.

Era un grande esercizio di fiducia, di fede che mi aiutava a far emergere la radice buona dell’animo umano. Questo per me diventò un comportamento naturale, come una seconda pelle.                                                                                                                                        L’impegno che mettevo nelle cose aveva amore verso il tutto e carità, carità vera senza chiedere nulla in cambio, quella del Vangelo. Mia madre fu per me un esempio forte in questo.

Diventando adulta mi allontanai dalla religione, dalla chiesa, quella fatta dagli uomini perché, secondo me, priva di coerenza. Oggi, nel tempo, ho trovato risposte riaprendo il cuore in un momento mistico, dedicato solo a me stessa.

Alice adulta rivive il suo Natale di spiritualità

Mi scuoto ed esco dalla mia meditazione, dal mio mondo dei ricordi. Riapro gli occhi perché sta arrivando gente. Il mio orologio da polso segna le diciassette e trenta. Fra poco inizieranno le celebrazioni.

Decido di fermarmi: sarà come rivivere quel Natale da bambina nel quale disillusione e spontaneità, sincerità e fiducia contribuirono a strutturare la mia personalità.

Ora anche la malinconia è svanita e il cuore dà spazio alla gioia, mentre avverto il profondo senso della fede.

Rielaborato dal racconto Alice e il Natale contenuto nel libro di Flora Crosara UNO SGUARDO SULLA VITA  – LetteraturaAlternativa  Edizioni – Asti –

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