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8 maggio – Festa della Mamma

8 maggio – Festa della Mamma. Dedico questo racconto alle Madri che, di fronte ai loro fallimenti, agiscono facendo scelte coraggiose.

Preservano i loro figli con atti di immenso amore, sanno chiedere aiuto, donano il loro cuore, si mettono in gioco ed esternano la loro intimità.

Sono appoggio e schermo per i loro figli, piccoli o grandi che siano.

Spesso ripartono in completa solitudine continuando ad affrontare le insidie della vita, strette in un tenero abbraccio che profuma di speranza. 

ELODIE –  Una rete d’Amore                                                                                                                                                                                      

Aveva, fin da piccolo, un musetto regolare e ben disegnato, dall’incarnato olivastro tipico delle popolazioni meridionali o del Sud del mondo. I grandi occhi verdi di taglio mediorientale erano ornati dalle ciglia lunghe di velluto e davano al suo picco[1]lo volto un’espressione di totale bellezza, di luminosità.

A tratti lo sguardo diventava ammiccante, come quello di chi sta per combinare una marachella o l’ha appena fatta. Talvolta sorrideva con lo sguardo, per conquistarti ed estorcerti un “Sì!”

La bellezza del volto di Elia era messa in risalto dal piccolo naso scolpito, spiritosamente puntinato di efelidi, quelle macchiette che con il sole estivo si scuriscono e paiono piccoli semi sparpagliati in un praticello. Quando la bocca, segnata dalle labbra carnose ma delicate, si apriva alla gioia, allora lui metteva in mostra due file di piccoli denti bianchi, candidi come chicchi di riso: quelli in alto, se pur regolari e diritti, erano leggermente separati e donavano una particolarità al sorriso stesso.

Con la bocca anche gli occhi ridevano spesso, quasi volessero mostrare che la gioia o l’allegria in quello scricciolo di bambino erano davvero grandi, pronte ad esplodere in ogni momento.

Un particolare, questo,  che rimarco, perché durante il nostro incontro, fu un dettaglio che mi colpì. Piccole orecchie ben disegnate completavano la dolcezza della sua fisonomia che in tanti ammiravano.

8 maggio Festa della MAMMA

Era proprio bello Elia! I capelli, neri come il carbone, scendevano in una massa di riccioli dolci, morbidi e setosi. Li portava un po’ lunghi perché, come diceva la sua mamma Elodie: “È peccato tagliare questa cascata di stelle filanti!” A lei ricordavano il Carnevale, l’allegria, la festa, l’armonia e la gioia. E il suo bimbo, vivace ma dolcissimo, era tutto questo: allegria, armonia, gioia di vivere (e vivere con lui era sempre festa. Elia era il suo rifugio, la sua certezza, la sua vita.

La giovane donna era rimasta sola dopo la separazione dal suo compagno Marco, padre del bimbo. Un taglio che Elodie non avrebbe mai voluto, ma che si era reso necessario a causa della violenza a cui lei e suo figlio erano sottoposti, da troppo tempo. Disperata, aveva sentito di dover tutelare soprattutto il suo bambino. Mi raccontò la sua storia in un incontro nel Centro di accoglienza per donne maltrattate, presso il quale svolgevo azione di volontariato.

8 maggio- Festa della Mamma

ELODIE:  una dolce ragazza, una giovane donna, madre, dai lineamenti delicati e dai grandi occhi verdi che la durezza della vita non aveva spento. Aveva una massa di capelli ramati, ricci fermati da una fascia di colore vivace. Avvolta nel maglione millerighe che scendeva abbondante sulla lunga gonna fiorata, entrò in sala colloqui una mattina di fine autunno. Avanzò a piccoli passi, intimorita, trascinando i piedi negli stivaletti di cuoio consumato e sbiadito. Teneva per mano il figlioletto: quell’immagine mi colpì.

Elodie giovane mamma ed Elia bimbo di nove anni vivevano da soli. In casa non c’era più la presenza di un uomo, da anni.

“Un tempo non molto lontano ho amato Marco, l’ho amato assai! È l’uomo dal quale ho voluto un figlio. L’ho amato con tutta sé stessa. All’inizio della nostra relazione era affettuoso, amorevole e gentile. Aveva per me molte attenzioni e, se anche i mezzi economici non fossero stati sufficienti a causa del nostro lavoro precario, lui non ci avrebbe fatto mancare nulla.

Poi, dopo alcuni anni di convivenza, Marco ha cominciato a mostrare la sua vera natura di uomo pavido e insicuro: era dipendente da tutto. Dipendeva dalle persone più fragili, quelle sballate che lo avevano introdotto prima al gioco d’azzardo e poi all’alcool. Dipendeva dalle cerchie di amici più sfasati, senza né arte né parte, che vivevano alla giornata tentando la fortuna e a volte anche compiendo atti illegali.”

Elodie era un fiume in piena, parlava a ruota libera, aveva bisogno di sfogare le sue tensioni. Le chiesi chi avesse in città o comunque nella sua vita, qualche persona a cui appoggiarsi, alla quale chiedere aiuto. Mi rispose: “Nessuno, assolutamente nessuno!” Mi parve impossibile e volli andare a fondo di quella situazione. Volevo aiutarla. La invitai a continuare il racconto. “A Marco non importava nulla di me e neppure del nostro tenero, meraviglioso figlio Elia.” Riprese a raccontarmi con tono sconsolato; pensai e mi chiesi: “Come non si può amare una creatura così bella?”

Intanto Elia si era messo a disegnare, seduto al piccolo tavolo posto sul fondo della stanza, l’angolo dei giochi che il Centro destina ai bimbi, perché mentre si svolge il colloquio non debbano ascoltare tante brutture.

Una precauzione delicata che a molti bimbi purtroppo non serve, perché durante il colloquio rimangono aggrappati alle madri, spaventati e preoccupati. Talvolta piangendo. Il Centro non fece questo effetto a Elia dai riccioli neri. Mi era parso subito un bimbo orientato. Scopersi poi che la madre aveva scelto di condividere con lui le cose che accadevano e lo aveva preparato, dicendogli che nel Centro avrebbero incontrato persone buone, disposte ad aiutarli: poteva fidarsi.

“Sai, continuò Elodie,  per un certo tempo Marco ha anche lavorato, ma perdeva spesso il lavoro. Poi ne trovava uno nuovo e ricominciava. Dopo un certo tempo a ogni nuovo inizio mi accorsi che fra lui e il suo lavoro si interponevano cose: c’era sempre qualcosa di storto, qualcosa che non andava. O almeno qualcosa di cui Marco si lamentava. E accadeva sempre un nuovo fatto per cui perdeva irrimediabilmente l’occupazione. Ma erano tutte sue responsabilità.

Ora si era fatto trovare fuori posto, ora insisteva ad arrivare in ritardo, oppure ancora – peggio che mai – era stato sorpreso a rubare. Mi vergognavo tanto. Lo rimproveravo e lui come risposta m’insultava e mi picchiava.” Erano ricordi dolorosi ed Elodie, mentre parlava, non riuscì a trattenere le lacrime che le scesero lente, silenziose, copiose. Le presi la mano e la invitai a continuare a parlarmi di sé. Lei riprese il racconto. “Quell’ultima volta, prima che Marco quasi mi ammazzasse di botte, il suo datore di lavoro mi aveva contattato per fissare un appuntamento: voleva comunicarmi di persona il licenziamento Uno sguardo sulla vita del mio compagno. Ci andai a quell’appuntamento e con sorpresa scoprii la verità.

(… il racconto continua qui)

Flora Crosara

 

 

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