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La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia
Storie di Vita

La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia

La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia

Ho memoria di lei ancora dai primi anni della mia vita. Certo, all’epoca non ero consapevole chi fosse ma, se chiudo gli occhi, ho il cuore pieno che ride gioiosamente perché si ricorda di lei in ogni viso che ha fatto parte della mia vita. Lei era tutti loro, tutti noi insieme.

Probabilmente il nostro incontro era destinato da secoli. La sua presenza giaceva nella vita dei miei genitori e dei miei avi. Lo so, la vedo nelle foto e non si nasconde! È lì, in mezzo ai ricordi, prima quelli in bianco e nero e poi anche a colori. Quello che oggi mi affascina è che la sua bellezza ha avuto sempre le sembianze di tutte le persone a me care e quindi, senz’altro era stato il destino a farci incontrare! Le ho dato un nome e l’ammiravo timidamente. Si chiama Primavera.

Comprendo solo ora che da piccola non ho mai avuto una conversazione con lei, ripeto, nemmeno mi accorgevo di chi fosse. Questo mi rende orgogliosa della mia famiglia! Anche la loro capacità di ospitarla nelle case dove abitavamo, dove trascorrevamo le estati e gli inverni, pazzesco! È stata come un angelo custode, presente e non invadente.

Gli anni passavano. Crescevo, maturavo, sbagliavo, sceglievo. Nel cammino che facevo da sola, capisco solo ora, mi lasciava anche lo spazio per soffrire. Forse la turbava il fatto che io non mi rendevo conto di chi fosse. D’altronde, le anime si riconoscono e ci credo che a volte era arrabbiata con me! Ma la sua saggezza impeccabile mi ha aiutato ad acquisire le mie consapevolezze. Le sono grata e gliene sarò per sempre!

Sono andata in chiesa per la prima volta quando avevo quattordici anni. Fino a quella mia età, mio papà è stato comunista. Un giorno era andato con la mamma a vedere uno spettacolo teatrale dove si parlava di comunismo, della chiesa e di cose del genere. Mi ricordo l’atto di protesta che ha compiuto quella sera. Tornato a casa dal teatro quasi sconvolto, ha tirato fuori la tessera del partito e l’ha strappata in mille pezzi. Il giorno successivo, avevano già prenotato il battesimo per le mie sorelle e per me.

Il giorno del battesimo ho sentito per la prima volta la frase “sono infinite le vie del Signore”. “Ok, ci siamo”, mi ero detta. Lì ho riconosciuto il viso di una donna anziana che ho iniziato a vedere intorno a me da quando avevo dodici anni. Era il periodo del mio primo innamoramento e dell’inizio della scrittura. Quel primo bacio mi ha aperto la porta di un giardino immenso dove tutt’ora vado a raccogliere i profumi più affascinanti quando scrivo.

Evidentemente provata dalle esperienze vissute, la donna anziana mostrava il suo viso senza pudore, quasi con orgoglio. Mi pungevano i suoi occhi come se avesse mille spine abbastanza lunghe da arrivare fino al mio cuore, a qualsiasi distanza lei si trovasse rispetto a me. Abbrividivo ogni volta e in un frangente il tempo sembrava un’eternità.

Durante il rito del battesimo, capivo a stento tutte le parole perché metà della cerimonia era stata detta in vecchio sloveno e solo qualche parola in serbo. ”Nel nome del padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Mi era però bastato il profumo dell’incenso, la voce misteriosa del prete e l’eco della chiesa per ricevere e, pensavo all’epoca, accettare il segreto del battesimo e quella liberazione ed il perdono per il peccato originale.

Cosa ne sapevo a quattordici anni? Senz’altro molto di più di un bambino neonato che piange mentre il prete lo gira e lo bagna con quella acqua santa, fredda. È stato un grande evento per me, ma anche per i miei nonni che mi avevano vista per la prima volta vestire una gonna. Ho scritto una poesia quel giorno e l’ho dedicata al mio battesimo.

Che cos’era successo durante il battesimo di così sconvolgente per me? Una cerimonia bellissima, in una chiesa altrettanto bella, insieme a tutti i miei cari presenti. Per il mio papà è stato il risveglio dell’orgoglio nazionale, il ritorno nella chiesa nella quale mia nonna lo portava da piccolo, di nascosto da mio nonno. Per me anche il giorno della grande scoperta dell’identità di quella signora anziana che avevo conosciuto a dodici anni, scrivendo la mia prima poesia d’amore e bagnando il quaderno con le lacrime.

Piangevo e lei piangeva insieme a me, senza dire una minima cosa. Non mi consolava e questo a volte mi faceva perdere la testa. Parlavo solo con lei nei momenti di quel dolore profondo perché mi vergognavo della mia sofferenza d’amore. Parlavo e piangevo, lei piangeva solo e basta. Pensavo fosse scostumata ma, col tempo, ho imparato a conoscerla meglio. Questo mi ha fatto capire che pure lei ha avuto un posto importante nella mia vita. Con la sua quasi caparbietà, tutt’ora mi ricorda che devo essere grata anche a lei per la persona che sono oggi.

In un film ho sentito dire dall’attore principale, che aveva il ruolo di un famoso cantante, poeta e bohémien serbo, che per scrivere poesie bisogna sporcarsi bene. Non mi sono mai risparmiata e per questo, nell’età adulta, ho dato un nome anche a signora anziana. L’ho battezzata Poesia.

Loro due venivano a trovarmi in momenti diversi, in giorni diversi (la felicità e la tristezza…Primavera e Poesia). Non mi è successo mai di aprire la porta e trovarle a braccetto davanti a me.

Primavera portava il caffè, il miele e le noci, strappandomi il sorriso e svegliando la gioia nel cuore. Bussava sempre. Le sue visite duravano tanto e, ormai, ero abituata a condividere le mie giornate con lei. La facevo vedere a tutti amici e trasmetteva pure a loro lo stesso effetto stupefacente! Era magnifica e unica nella sua voglia di vivere, ma anche nella capacità di infettare con la sua meraviglia chiunque le stesse vicino.

Poesia invece, ah, quella “quasi scostumata”, aveva dei modi proprio strani per entrare in casa mia! Guarda caso, trovava regolarmente la porta aperta e mi spaventava fino alle lacrime! Pazzesco! Però, le perdonavo perché mi portava da bere. Portava i fiumi di parole ed io accoglievo felicemente e in fretta i suoi doni. Bevevo con ansia sapendo che non si sarebbe fermata a lungo. Passavamo il nostro tempo insieme sempre da sole. Ero gelosa di quel dolore che mi causavano i suoi sguardi e la tenevo per me.

Intanto che crescevo, maturavo e sceglievo, anche le mie consapevolezze compivano gli anni, aggiungendone nuove lungo il cammino. A volte, completamente immersa nella dolce e amara solitudine insieme a Poesia, non sentivo Primavera bussare alla porta. Altre volte invece, vedendomi impegnata a gioire la vita insieme a Primavera, Poesia se ne andava vedendomi ridere. Chissà se si scolava da sola tutto quel bere che nascondeva in quella enorme borsa da vagabondo.

Più di un anno fa stavo male. Un dolore immenso lacerava tutto il mio essere. Mi sentivo morta dentro ed ero impotente ad agire. Non avevo più nemmeno le lacrime e gli occhi bruciavano da matti. Pensavo fosse stato un miraggio ma, in realtà, erano esattamente loro due davanti a me! Sedute intorno ad un tavolino bianco, rotondo, tenevano le mani unite e parlavano a bassa voce. Mi aspettavano. Mamma mia! Ero saltata addosso prima a Primavera e poi a Poesia. In fondo, io stavo bene in compagnia di tutte e due e vederle insieme ha scattato in me una esplosione di emozioni!

La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia!

Faccio finta di essere un galantuomo e non vi dirò di cosa abbiamo parlato. Dopo una lunga chiacchierata ci siamo abbracciate in una stretta di petto molto profonda e importante. Quel giorno ho imparato ad apprezzare la vita e ho capito la mia importanza su questa terra. Ho scoperto anche che senza loro due la musica non avrebbe senso, che i libri non sarebbero esistiti. La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia.

Ho scoperto che venivano in momenti e giorni diversi non per non incontrarsi, ma per far crescere me. Quel giorno mi hanno aperto un mondo intero. Un mondo pieno di consapevolezze che aspettavano, impazienti, di essere scoperte da quella bambina curiosa che vive tutt’oggi in questi centosettantacinque centimetri e quasi quarantasei anni.

Questa volta ho offerto io da bere a loro. Ci siamo ubbriacate dal dolore e dalla gioia, barcollando per le strade di Belgrado e Mantova e percorrendo una vita intera, la mia. Finalmente ero in grado di vedere chiaro anche in mezzo alla nebbia anzi, ho iniziato proprio a vedere e non solo con la vista. Tristezza? No! Una felicità smisurata! Finalmente!

Quel girono è stato il primo giorno del resto della mia esistenza terrena. Tutto l’accaduto dopo, ormai, è storia…

 

p.s. La felicità e la tristezza…Primavera e Poesia, grazie per ogni sorriso e per ogni lacrima!

Ana Martinovic

Mi sento bene quando scrivo, mi sento utile per qualcuno, come per me lo sono stati e lo saranno i pensieri dei grandi scrittori e di chiunque abbia qualcosa da dire al Mondo. Ci vuole amore e coraggio... La vita è bella!

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