Ricordare per non dimenticare: Poesie
Il 24 agosto del 2016 la Terra tremò nel centro Italia.
Una persona mi ha fatto ricordare cosa avvenne quel giorno.
Ho ricordato le vittime, i sopravvissuti e tutto ciò che è andato perso.
Mentre riflettevo su questa tragedia mi sono resa conto che gli estranei al fatto, come me, non pensano più a questa disgrazia, a questa ed a tante altre.
Purtroppo, non essendo i “protagonisti” dell’evento ce ne dimentichiamo col tempo, troppo impegnati a vivere la nostra vita ed i nostri problemi, che riflettendoci non sempre sono così importanti come ciò che hanno subito i nostri fratelli di Amatrice, Arquata e Accumoli quel giorno di 7 anni fa.
Ricordando quel tragico giorno ho realizzato che non è la prima volta che gli Italiani vengono traditi dalla loro amata Terra e da chi dovrebbe guidarli saggiamente.
In questo giorno di ricordi ho voluto provare a ricercare altre tragedie avvenute in questi miei trentun anni di vita (dal 1992 ad oggi).
Non so se sono riuscita a trovarle tutte, la mia memoria non è affidabile e neanche il vasto mondo di internet lo è, se ho dimenticato qualcuno spero che non me ne voglia a male e che mi possa gentilmente correggere nei commenti in modo da imparare e ricordare.
Mentre cercavo le varie informazioni mi sono resa conto che le tragedie che abbiamo subito sono tante, di conseguenza ho deciso di creare più articoli, dividendoli per categoria, per rendere più facile la lettura e poter dedicare il giusto spazio ad ogni evento.
In questo articolo voglio, intanto, condividere con voi alcune mie poesie scaturite da questi disastri.
Buona lettura
MORTE E NEVE
Il freddo ti pervade il corpo,
rendendo ogni tuo passo
sempre più difficile.
La meta lontana,
irraggiungibile
per le tue membra stanche.
Non c’è niente intorno a te,
solo il bianco della neve
che scende leggera su di te.
Cadi
il freddo t’avvolge più stretto,
ma ormai, non senti più niente.
La tua mente lontana,
abbandonato il corpo distrutto,
cerca la meta.
QUAL ERA IL TUO NOME?
(presente nel mio libro Il lago dell’anima)
Mi chiedo
qual era
il tuo nome.
Chissà
come ti chiamavi,
tu
che mi hai donato
la vita.
Ricordo appena
il tuo volto
sorridente
nella sofferenza,
ricordo ancora
la tua voce
soffocata
che mi incoraggiava
e sosteneva
in quell’incubo nero.
Vorrei
sapere il tuo nome,
ma in quel disastro
tu sei solo uno dei tanti
che non ce l’hanno fatta,
non riesco a trovarti
perché il ricordo
che ho di te
è sfocato dal dolore.
Tu sconosciuto
che hai perso la vita
per me,
una persona
senza nome
per te.
Ti ringrazio
ogni giorno
e ti cerco.
Vorrei
conoscere
il tuo nome
mio salvatore
per ringraziarti
come si deve.
Perciò lascio
queste parole
al vento.
Grazie
mio salvatore
sconosciuto.
Grazie.
TREMA ANCORA
Ecco un’altra volta
essa trema
portandoci via
tutto ciò
che abbiamo di prezioso.
Ora le lacrime
di quel che rimane.
Ora di nuovo
mani amiche
si mettono a scavare.
Ora ancora una volta
nonostante tutto
nasi annusano
zampe scavano.
Ancora una volta
fra la gioia,
di ritrovare una vita,
e il dolore,
di sapere di aver perduto
un pezzo di cuore.
Ancora una volta
tutti insieme lavorano
per aiutare
ed ancora una volta
dopo un po’
i sopravvissuti e i perduti
verranno dimenticati
e lasciati a loro stessi
da chi dovrebbe governare
saggiamente e aiutare,
ma ahimè si lavano la bocca
di belle parole,
ma poi non allungano
le loro mani verso noi.
Ancora una volta
abbandonati,
costretti a cacciare in dietro
le lacrime,
tirare su le maniche
e ricostruire da soli
con le nostre sole forze,
senza il supporto
di chi
dovrebbe sostenerci.
Ancora e come sempre
noi cittadini nel disastro
ci uniamo e lavoriamo
per rimetterci in piedi
mentre chi,
in teoria,
dovrebbe assisterci e sostenerci
pensa solo
a dissanguarci e sfruttarci.
Città e città sono cadute
per mano della terra
e sempre e solo noi cittadini comuni
ci siamo impegnati
per sistemare le cose,
mentre chi doveva
darci una mano,
perché eletti da noi,
poveri stupidi,
per governarci,
se ne lava le mani
e si intasca i soldi
che spettano a noi
poveri cani
per ricominciare.
Sempre così va qui da noi.
ASPETTO
Sono bloccata
in questo angusto buco
di macerie
che prima erano la mia casa.
Il posto dove
mi sentivo al sicuro,
ora diverrà la mia tomba.
Aspetto con impazienza e terrore
che questa attesa finisca.
Aspetto che l’aria sparisca
soffocandomi.
Aspetto che tutto crolli
e mi schiacci.
Aspetto che la disidratazione insorga
portandomi via.
Aspetto.
Aspetto la morte.
Aspetto di essere salvata.
Aspetto, è l’unica cosa che posso fare,
grido,
piango,
fra terrore e speranza.
Sento le persone là fuori scavare,
ma loro non sentono me,
la terra trema
ed il buco dove sono
diventa ancora più piccolo.
Morirò
è l’unica cosa di cui sono certa,
non mi troveranno in tempo.
Le ore passano lentamente
ormai il freddo
ha la meglio su di me,
la voce non esce più.
È finita.
Ecco che nel buio
si irradia una luce
e voci gioiose mi raggiungono,
mani calde mi stringono
e mi portano fuori
dalla mia casa,
mi riportano ad una vita
che ho paura di affrontare.
Il buco oscuro s’allontana,
il terrore se ne va
e la voglia di vivere ritorna.
Il terremoto non mi ha uccisa,
sono viva,
e farò del mio meglio
perché questa opportunità
non vada sprecata.
SEI ANCORA LÌ
Sei ancora lì
a guardare
queste onde rapitrici,
che ti hanno portato via
il tuo amato.
Sei ancora lì
sperando
di vederlo tornare.
Sei ancora lì
nonostante il tuo corpo
stia deperendo
e i tuoi, un tempo lucenti,
capelli sono ormai spenti
e scarmigliati.
Sei ancora lì
ad aspettare chi non tornerà
senza accorgerti
di chi ti circonda,
di chi ti ama
e soffre per te.
Non ti accorgi di me,
oggi come allora,
un amico nulla più
che non vale abbastanza
per te,
che vedevi solo lui
e che continui a vederlo,
anche se lui
non c’è più.
Io però non posso
abbandonarti
a te stessa,
ti strapperò
da quelle braccia morte
riportandoti alla vita
di un tempo.
CHI RIMANE
Sono sola
davanti a questo cielo,
ora che tu
non ci sei più.
Il tempo passato
insieme
non lo posso
dimenticare,
anche se ricordarlo
è doloroso
non posso dimenticarti.
Il nostro legame
spezzato
non riesco
ad abbandonarlo.
Il futuro
non riesco a viverlo,
vorrei tornare
a quei giorni
felici e spensierati
in cui le lacrime
sui miei occhi
erano provocate dal
troppo ridere,
invece adesso
sono solo arrossati
da una profonda tristezza.
Vorrei essere
di nuovo con te,
ma so bene che
se abbandonassi
questa vita
tu mi odieresti,
perciò,
chiudo in una scatola
quei giorni felici
e vado avanti
fingendo di vivere.
Un momento di Poesia per Noi di e da Chiara Munaro