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ELODIE Festa della Mamma

Elodie – madre e donna  sopraffatta dalla preoccupazione e dal dolore –  continuò il suo racconto.

Elodie, una madre che soffre

<< È la terza volta che Marco viene sorpreso a rubare! Due gliele ho fatte passare, ma questa volta basta! Per pietà – mi disse l’imprenditore –  non lo denuncerò! Ma non lo voglio più nella mia azienda. Spero tu capisca.>>

“La sospensione del contratto era pronta, il contratto di lavoro con l’azienda finiva lì e non avrebbe avuto altro seguito. L’imprenditore non avrebbe denunciato Marco perché aveva pensato a me e al bimbo, e aveva fatto questa scelta valutando le conseguenze che una denuncia avrebbe comportato per noi due. Me ne andai umiliata chiedendo scusa per quel disgraziato con cui vivevo e da cui avevo pure avuto un figlio! Dio, che imbarazzo!”.

Elodie si asciugò le lacrime ed ebbe un gesto di orgoglio: alzò il capo e la rabbia verso il suo uomo esplose: “Ero stata sopraffatta dalla vergogna, come se fossi stata io ad essere sorpresa a delinquere! Io, onesta e per bene. Tornai a casa e quando Marco rientrò come se nulla fosse, lo aggredii piangendo e insultandolo. La sua reazione fu violenta e io rimediai botte che mi obbligarono a ricorrere alle cure mediche, in ospedale. Per la prima volta mi lasciò lividi sul corpo che durarono per giorni, segni che mi marchiarono soprattutto l’anima. Allora mi resi conto che non potevo continuare a perdonarlo. Marco era malato, doveva farsi curare.”

Elodie era consapevole, determinata. Le sue parole pronunciate con tono alto, dettato dal forte e comprensibile coinvolgimento emotivo, richiamarono l’attenzione di Elia che corse ad abbracciarla. Lei lo tranquillizzò e il bimbo, tornato al tavolino, riprese a disegnare.

“Per fortuna in tutto quel guazzabuglio di urla, insulti, bestemmie, parolacce, schiaffi, calci e pugni intervennero i vicini che chiamarono i Carabinieri e subito dopo si occuparono di Elia che si era rintanato in un angolo, accucciato con la testa chiusa fra le braccia piegate. Me lo dissero dopo, quando ripresi conoscenza. Mi rassicurarono dicendomi che, appena fossi stata un po’ più presentabile, avrebbero accompagnato mio figlio a salutarmi.”

Elodie sorrise e guardò verso l’angolo dove il ragazzino continuava il suo gioco. “Sentivo un bisogno infinito di riabbracciarlo e dirgli tutto il bene che provavo! Capisci il mio stato d’animo?” La giovane donna ora mi guardava e cercava risposte. Non voleva solo la mia comprensione, sì anche quella, ma cercava soprattutto un aiuto concreto. Era davvero sola al mondo. Le chiesi se non lo avesse mai denunciato, quell’uomo violento, disorientato, debole.

Consapevolezze

“No,” – mi rispose la donna – “ma ora so che la responsabilità è anche mia perché non ho mai fatto quel gesto. Non ho mai avuto il coraggio. Ogni volta pensavo: ora lo faccio, lo fermo, mi proteggo e lo aiuto. Ma poi mille pensieri assalivano la mia mente. Pensavo a che cosa avrebbero detto i vicini, a che cosa sarebbe accaduto a Marco. La prigione, la patria potestà tolta. Nascosi sempre l’episodio con la solita scusa della caduta dalle scale per giustificare i lividi, tanto poi tutto passava, tutto tornava alla normalità. Ma che normalità è un padre di famiglia che non provvede al sostentamento e che per vivere sopravvive, scatenando la rabbia dei suoi fallimenti sulla madre di suo figlio? Non c’era normalità in tutto questo e non c’è stata, per tutto il tempo della nostra convivenza.”

Poi si fermò e fissando un punto nel vuoto, come se avesse avuto un’illuminazione, parlando quasi a se stessa, disse: “E i miei genitori? Ecco, i miei genitori: a loro Marco non era piaciuto fin dall’inizio, non avevano mai approvato la nostra relazione, non vennero neppure al nostro matrimonio civile, figurarsi! Loro, benpensanti e cattolici, non riuscivano ad accettare che Marco ed io non consacrassimo la nostra unione davanti a Dio. Per questo litigammo e non li vidi più. Rinunciarono persino a veder crescere il loro nipote.”

Elodie fa emergere il suo passato

Con rabbia Elodie faceva riemergere il passato. La interruppi: “Elodie, cara… Non hai mai pensato che tuo padre e tua madre temessero per te? Loro, più grandi di età e con maggiore esperienza della vita, forse vedevano in Marco l’uomo che veramente era. Un uomo di certo non cattivo, ma parecchio debole. È possibile che, non approvando la tua scelta, cercassero di darti un segnale, di proteggerti! Ci hai mai pensato? Del resto, che cosa può fare un genitore quando un figlio decide e non torna sui propri passi? Se non consigliarlo e metterlo in guardia?”

Continuai… “Ti posso dire, per esperienza, che la rabbia non è una buona consigliera e il rancore non porta a nulla. Certamente tu avresti voluto poter avere loro accanto, che diamine: sono i tuoi genitori! Ma l’essere umano è curioso, sai! Vicino a noi talvolta ci sono persone che reagiscono come noi avremmo bisogno fosse e ci rendono tutto più facile, ma non è detto che sia il meglio. Per contro ne esistono altre che fanno l’esatto opposto, con i loro no ci mettono in difficoltà ma alla fine hanno ragione. E questo vale per tutti, senza sconti a nessuno. Tu aspettavi una risposta da loro, loro ne aspettavano un’altra da te. Non è accaduto ciò che aspettavate, l’uno nei confronti dell’altro e il dialogo si è interrotto. Ma può riprendere! Pensaci.”

La dolcezza vince su tutto

Giocai sulla dolcezza, sulla disperazione e sull’animo buono che Elodie aveva fatto emergere. Parve destarsi da un sogno. Il suo sguardo e la sua espressione, che pochi attimi prima parlavano di rabbia, di colpevolizzazione e di risentimento, si distesero. Approfittai per aggiungere qualche consiglio di tipo pratico che le sarebbe servito per affrontare l’immediato e soprattutto mostrarle che c’era una soluzione.

Le diedi il recapito dell’ avvocato che era a disposizione dell’Associazione per qualsiasi evenienza, una volta che Marco fosse uscito dal carcere e avesse ripreso il percorso di riabilitazione sociale, le consegnai un bonus per integrare il suo magro stipendio e affrontare le spese della casa, le offrii una borsa di abiti pesanti per lei e per Elia, dato che la città si preparava a sfidare l’inverno imminente e aggiunsi anche una sporta di viveri. Avevo fatto quanto era in mio potere in quel momento. Le confermai la possibilità di avviare colloqui con la psicologa del Centro, nel caso lo avesse ritenuto opportuno.

Fidarsi e affidarsi: una scelta importante

“Tornerò e mi affiderò alla Dottoressa, le consegnerò il male della mia anima per riprendere il cammino e andare verso i miei genitori. Ora so che loro rappresentano per noi due un porto sicuro. La tormenta ci ha sopraffatti ma il porto è sempre là: è il luogo dove voglio tornare, la casa dove sono nata, il luogo dell’Amore.”

Ci salutammo con un abbraccio e mentre la scaldavo con il mio affetto, Elia mi venne accanto e silenziosamente mi porse un foglio. Era il più bel disegno che avessi mai visto, realizzato da un bimbo così piccolo. Un uomo e una donna con i capelli grigi, raffigurati ai lati del foglio, una donna con i lunghi capelli ramati, l’abbigliamento colorato, a righe e a fiori ed un bimbo, al centro: era un bimbetto con tanti riccioli neri, lunghi, un bimbetto dall’espressione felice. Tutti si tenevano per mano e sorridevano.

 

garofano bianco

Sapete… Io amo le tradizioni e rispetto le date contenute in esse. Oggi, 8 maggio per me si celebra la festa della Mamma!

Il racconto (la prima parte la trovi qui) è estratto dal mio libro UNO SGUARDO SULLA VITA – Storie di donne – edito da Letteratura Alternativa

Flora Crosara

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