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Storie di Vita

Trasformare le sfide in opportunità di crescita

Trasformare le sfide in opportunità di crescita. Le difficoltà, sono un motore propulsore per la trasformazione e creare la propria forza.

L’Ospedale di Basilea

Preoccupazione, Ospedale, Camera, LettoL’Ospedale di Basilea, un luogo di speranza per tanti bambini e ragazzi da 0 a 18 anni, si prende cura di ogni malattia con un cuore grande e una mente brillante.

Il mio ricovero iniziò il 7 febbraio 1990. Lì dentro, incontrai ragazzi molto più giovani di me, che allora avevo 18 anni.

Per via della Sindrome di Klinefelter, una malattia genetica che per anni mi aveva portato in giro per il mondo alla ricerca di una soluzione, finalmente, grazie a una dottoressa speciale, si aprì la possibilità di un intervento a Basilea. L’obiettivo era risolvere la ritenzione testicolare.

Dopo diverse visite, il chirurgo di Basilea mi disse che si poteva fare. Mi spiegò con un disegno colorato come avrebbe riportato i testicoli nella posizione giusta, facendomi sentire finalmente come tutti gli altri. La mia dottoressa mi accompagnò in questo percorso.

Tutto questo accadde l’8 febbraio 1990, il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno.

La mattina dell’operazione, la paura mi assalì. Non volevo più farla, ma mi convinsero che era la cosa giusta per la mia salute.

La preparazione iniziò alle sei del mattino con due pastiglie per l’anestesia. Poco dopo, mi addormentai.

L’intervento iniziò dal testicolo sinistro e doveva durare 6-8 ore. Invece, i medici dovettero uscire dalla sala operatoria per dire ai miei genitori e a mio fratello che, purtroppo, il testicolo era danneggiato e dovevano toglierlo. Chiesero il permesso di continuare l’operazione sull’altro testicolo e loro acconsentirono. L’intervento durò in tutto circa 36 ore, lasciandomi con due ferite da 80 punti ciascuna.

Mi svegliai in rianimazione verso le sei del pomeriggio del 9 febbraio 1990.

Dopo un po’, mi riportarono in stanza e lì rimasi per tanto tempo.

Il 10 febbraio, quando mio padre mi disse che avevano dovuto togliere il testicolo sinistro, non potei trattenere le lacrime. Era difficile da accettare, ma era necessario per salvarmi la vita.

Fino a 18 anni, non avere i testicoli al posto giusto non mi aveva impedito di camminare normalmente. Ma dopo l’operazione, tutto cambiò. Non ero più lo stesso e dovetti imparare di nuovo a camminare, perché il mio corpo era diverso. Anche solo accavallare le gambe divenne un problema. La mia postura era completamente cambiata.

Quando fu il momento di alzarmi, mi dissero che avrei dovuto usare una sedia a rotelle. In quel momento, mi sentii crollare il mondo addosso. Non capivo perché non potessi camminare o muovermi da solo, nemmeno con le braccia.

Usare la sedia a rotelle per circa 10-20 giorni non fu facile, ma mi fece capire la difficoltà di chi la usa ogni giorno.

Rendersi conto di non poter fare nulla da solo, di aver bisogno di una o due persone per tutto, anche solo per mangiare, andare in bagno o spostarsi, non è semplice da accettare. Ma dovevo farlo, altrimenti non avrei avuto modo di muovermi.

I ragazzi dell’Ospedale di Basilea

In quell’ospedale c’erano tanti ragazzi di tutte le età. Tre di loro, di 11, 13 e 15 anni, vennero a salutarmi e a darmi forza per la mia guarigione.

Quando seppi perché si trovavano lì, sentii un brivido corrermi lungo la schiena.

I ragazzi di 11 e 13 anni

 erano malati di tumore. Al ragazzo di 15 anni, a causa di una malattia genetica, avevano dovuto togliere braccia e gambe.

Questi ragazzi mi diedero conforto e coraggio per l’operazione che avevo subito, e io, per quanto possibile, giocavo con loro.

Dopo qualche giorno di degenza, il ragazzo di 11 anni venne a salutarmi, ringraziandomi per quello che avevo fatto e dicendomi che non ci saremmo più visti, perché lui non ci sarebbe più stato. Non capii subito cosa volesse dire. La mattina dopo, passando con la mia sedia davanti alla sua stanza, la vidi vuota. Mi dissero che era diventato un angelo. Ogni volta che ci penso, mi vengono le lacrime agli occhi.

Anche il ragazzo di 13 anni, dopo un po’, venne a ringraziarmi e mi disse che dopo poche ore sarebbe tornato a casa, sperando di migliorare e tornare a una vita normale.

Una settimana dopo il mio ricovero, il ragazzo di 15 anni venne nella mia stanza e mi mostrò che gli avevano messo le protesi alle gambe e che poteva camminare e giocare a pallone, il suo più grande sogno.

Pochi giorni prima delle mie dimissioni, il ragazzo di 15 anni tornò a trovarmi, facendomi vedere che gli avevano impiantato anche le braccia e che poteva mangiare da solo.

Mi ringraziò tanto per avergli permesso di venire nella mia stanza a parlare e giocare con me.

Gli ostacoli si superano.

Da questi ragazzi ho imparato una cosa importantissima: gli ostacoli ci sono solo se ce li creiamo noi. Quelli veri, invece, si superano con grande dignità.

Loro, così piccoli e con problemi molto più grandi dei miei, davano coraggio a me che avevo 18 anni.

Ripensando a quel periodo della mia vita, ho capito che spesso ci costruiamo da soli i nostri ostacoli e non vediamo cosa ci circonda. Solo vivendo un’esperienza come quella di Basilea, dove non c’erano differenze e si era tutti uniti, si capisce che la vita va vissuta appieno.

Pensare al ragazzo di 11 anni, che sapeva che un giorno sarebbe diventato un angelo e la sua vita terrena sarebbe finita, mi ha insegnato a combattere sempre, anche quando la malattia è terribile.

Pensare al ragazzo di 15 anni, nato normale e poi privato di braccia e gambe per una rara malattia genetica, mi rende immensamente grato per il coraggio che mi ha dato e per avermi fatto capire che gli ostacoli, spesso, ce li creiamo da soli. Lui, nonostante tutto, era sempre allegro. Aveva bisogno di essere accudito per ogni cosa, ma non si arrendeva.

Purtroppo, non so se questi ragazzi siano ancora vivi, ma il loro insegnamento è stato grandissimo.

Il ragazzo di 13 anni oggi dovrebbe avere 49 anni e il ragazzo di 15 anni 51.

Luca Laganà

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