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Una storia di coraggio

UNA STORIA DI CORAGGIO

Questa è una storia vera, com’è vera la Donna che ho conosciuto e che me l’ha raccontata. È una storia di coraggio, di voglia di riscatto, di ricerca della libertà. È la storia che molti migranti, soprattutto donne, vivono nel nostro tempo. Un tempo che dovrebbe essere moderno, evoluto, in grado di assicurare pace e giustizia e che talvolta invece si mostra come “un tempo al contrario”. Ho raccolto il suo racconto e ve lo dono, con la consapevolezza e la gioia di omaggiarla.

Onore a Imani dunque che, costretta a soprusi e schiavitù, rispettosa di sé stessa ha trovato la forza di reagire e ribellarsi.

UNA STORIA DI CORAGGIO

Sulla riva del mare, al tramonto, Imani si lasciava cullare dal rumore delle onde, lunghe, ricce, spumose. Seduta sulla sabbia, rannicchiata con il capo reclinato e la guancia sinistra appoggiata sulle mani, adagiate sulle ginocchia. Fissava il mare.

Sfinita dopo la lunga giornata, appesantita dall’andirivieni sulla sabbia rovente, lido dopo lido, sentiva le gambe e le estremità come di fuoco. Il sole basso scendeva ad accarezzare il mare e il caldo del giorno si affievoliva per lasciare spazio all’aria fresca.

La giovane donna si era tolta dal capo il cesto di vimini, adagiandolo sulla sabbia: il canestro era ancora pieno delle tele colorate, rotoli di stoffa che le erano stati inviati dalle donne della sua famiglia; fibre meravigliose tinte, tessute ed infine cucite, con i colori della sua terra. Erano veri capolavori di artigianato, un bene per lei molto prezioso. Ma nessuna delle tante persone di questo nostro paese per lei straniero, riusciva ad apprezzarle, acquistandole.

Ricordava ciò che le avevano detto le donne della sua casa.

«I batik ti renderanno un bel po’ di denaro! Ce lo spedirai e con quei soldi potremo acquistare un altro pezzo di terra, costruire il pozzo per avere l’acqua preziosa, coltivare e migliorare la nostra vita e farti tornare a casa con i tuoi figli».  Loro, dal lontano Senegal, neppure immaginavano la difficoltà che lei stava vivendo. La mente di Imani correva libera e lei si immergeva nel passato …

Ripensava alla sua scelta, alle speranze, ai sogni. Il lungo viaggio per mare, il mare nero, profondo sotto il gommone, il terrore e poi la guardia costiera, il salvataggio fra le onde, il Centro di Accoglienza.

L’approdo era stato salvifico e l’accoglienza nel centro profughi l’aveva salvata dal rischio e dal pericolo – non scontato – della prostituzione.

AVERE CORAGGIO

Le onde piccole, bianche e libere continuavano il loro cullare e i pensieri fluivano. Nel tempo successivo Imani aveva trovato l’amore, almeno così pensava – dopo il naufragio – ma l’inganno era in agguato. Il suo sposo Thabo giovane, bello e forte era stato gentile, all’inizio; poi aveva rivelato la sua vera natura di infingardo e di crudele sfruttatore, spesso infierendo su di lei anche con le botte. Lui faticava a mantenere il lavoro e, per poter colmare le spese del quotidiano e crescere i loro tre figli Imani aveva cercato – lei – un lavoro, anzi più lavori.

La giovane era affidabile, capace, seria. In inverno faceva le pulizie nelle case della cittadina di mare dove abitavano, in estate aveva iniziato a vendere come ambulante, orgogliosa di proporre quei piccoli capolavori, con l’idea di portare la sua cultura nel paese di accoglienza dove però uno straniero – se pur onesto – faceva molta fatica ad essere accettato. Imani, quella sera, era tanto stanca, si sentiva sconfitta, delusa; le doleva tutto il corpo, un po’ per la fatica, un po’ per le botte della sera precedente. Ora il pensiero di tornare a casa senza il guadagno che Thabo attendeva, l’atterriva. Si chiedeva che fare, dove andare: a casa c’erano i suoi piccoli che l’aspettavano e che lei voleva proteggere, restando con loro.

Qual era la soluzione per garantire ai suoi figli un futuro migliore del suo? Si rendeva conto che ormai era inutile disperarsi e piangere. Fissò il mare, quel meraviglioso dono della Natura che l’aveva portata, anni prima, verso la realizzazione del suo sogno.

Il mare le era amico, ne era certa. Le parlava, la scuoteva, le dava nuova energia, linfa vitale: le faceva sentire quanto avrebbe potuto essere padrona di sé, della sua vita, se solo avesse voluto. Allora all’improvviso, come le fosse giunto un nuovo, prezioso coraggio, Imani decise: si alzò, raccolse le ultime forze e le sue cose, pose il grande cesto sul capo e lentamente si diresse verso l’auto dei Carabinieri che sostava sempre all’entrata del molo, accanto al porto.

Il coraggio era la soluzione, la denuncia era la via di uscita.

In un attimo si sentì finalmente libera. 

Estratto dal libro di Flora Crosara – UNO SGUARDO SULLA VITA – ed. Letteratura Alternativa

 

Flora Crosara

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