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LA MIA PRIMA CLASSE ELEMENTARE
Storie di Vita

La Scuola Elementare nei miei ricordi

LA SCUOLA ELEMENTARE NEI MIEI RICORDI

La “Scuola Elementare”… così la denominavano allora. La Scuola elementare nei miei ricordi: quando iniziò per me? Era il 1958.  Un ricordo fermo nella mente, nonostante i tanti anni trascorsi.  Da questa emozione è nato il mio racconto.

RICORDI CHE AFFIORANO DAL PASSATO

Ricordo con tenerezza la prima volta “a scuola”; prima elementare, presso la “Giosuè Carducci”, posta all’interno del Palazzo del Collegio nell’ omonima via ad Asti, la mia città; ora è sede della Biblioteca Astense Giorgio Faletti.

Grembiulino bianco, colletto rigido e fiocco azzurro, cartella nuova che profumava di cuoio. Il cuore mi batteva forte e, per farmi coraggio, stringevo la mano della mamma, che teneva a destra la mia, a sinistra quella della mia gemella. Avevamo sei anni. Lasciavamo per la prima volta la nostra casa, la nostra famiglia per addentrarci nel mondo. Ci facevamo forza: eravamo in due e, nel nuovo luogo, saremmo state insieme.

LA MIA PRIMA CLASSE

La Scuola Elementare nei miei ricordi è viva:  mi riporta alla classe prima.  Era composta da tutte bimbe, molto disciplinate e ben educate, un po’ timorose. Non ricordo atti di indisciplina né sgridate dell’insegnante.

Guardando la fotografia che ci riproduce, ben conservata nel tempo, vedo tanti volti teneri, piccole creature con espressioni differenti: alcune dall’aria molto ubbidiente, altre ancora spaurite e poi alcuni visini sorridenti e ammiccanti con lo sguardo birichino!

UNA BIMBA PASTICCIONA

Andare a scuola era un dovere ma io non ne sentivo il peso. Mi piaceva imparare, ero pronta nel leggere e ripetere le lezioni ma, nelle cose pratiche, ero una bimba pasticciona! Allora si scriveva con la penna e l’inchiostro; nei banchi di legno – sopraelevati da terra- si trovava il calamaio che il bidello, ogni mattina, riempiva con un liquido scuro come la pece e di odore acre: per me rappresentava una tortura! Io uscivo da scuola irrimediabilmente con le dita macchiate e con chiazze o segni sparsi sui fogli dei quaderni a righe e quadretti sui quali, la mattina, avevo svolto il lavoro scolastico. Di tanto in tanto cercavo di assorbire l’inchiostro in eccesso con un’apposita carta, la carta assorbente: una meraviglia di leggerezza, candore, morbidezza… e poi, una volta asciugato l’inchiostro in eccesso, cancellavo l’errore sul foglio fino a bucarlo!

La maestra mi consigliava di lasciar stare e barrare lo sbaglio con un’asta, ripetendo l’operazione o la parola: ma io, niente! Testarda, rifiutavo il consiglio e agivo indipendente, facendo danni. Poi, naturalmente, me ne vergognavo e cercavo di eliminare l’inesattezza e qualsiasi traccia di essa.

Forse ugual sorte toccava a qualche compagna ma io lo ignoravo, presa com’ero ad imitare l’operato di mia sorella precisa e ordinata!

Lei sbagliava poco perché compiva ogni azione con estrema calma e concentrazione, virtù delle quali io difettavo. Ero assalita spesso dallo sconforto e piangevo, pensando alla delusione che avrei procurato a mia madre, al rimprovero e all’obbligo di dover rifare il lavoro. Che cosa umiliante era per me!

LA MAESTRA EMILIA: la prima figura importante della scuola elementare nei miei ricordi

La prima maestra della Scuola Elementare nei miei ricordi è una figura molto nitida. Era una signorina piccola, di età indefinibile, vestita all’ antica, con due piccoli pettini di tartaruga marrone fra i capelli, raccolti in uno chignon che, dalla nuca, saliva fino alla sommità del capo. Sul grembiule nero spiccava un delizioso colletto di pizzo, a merletto, una raffinatezza che mi aveva molto colpito, dal nostro primo incontro. Il pizzo conferiva al viso rugoso della donna una luce molto particolare, un tocco di delicata eleganza.

L’espressione severa della Maestra faceva supporre che in aula, regnasse molta rigidità; al contrario io percepivo, sì, un certo rigore, molta serietà e una certa autorevolezza ma anche molta umanità e senso materno!

Si chiamava Emilia Barberis ed era “signorina” ma non zitella!

Avvolgeva i suoi alunni con un grande affetto materno! Con dolcezza…Profumava di “buono”. Aveva una meravigliosa luce negli occhi, una luce profonda!

Di lei ricordo ancora il nome ma ancor di più il viso: l’ho ben impresso nella memoria, nonostante siano trascorsi moltissimi anni. In particolare il suo sorriso dolce, comunicativo, accogliente! Spesso la si poteva osservare china sul banco, accanto agli alunni più in difficoltà per seguirli personalmente.

Sorridendo benevolmente davanti ai miei pasticci e alle pagine macchiate di inchiostro, mi parlava e mi confortava, mi incoraggiava.

Mi ha insegnato cose mai più dimenticate.

L’ IMPORTANZA DELL’ERRORE

Tra queste il concetto di “errore”. La maestra – proponendosi in un genere di pedagogia molto moderna e attuale – ci ripeteva “Se sbagliate potete riprovare, ma prima cercate di capire dove e perché avete sbagliato, evitate di provate vergogna! Piuttosto cercate di comprendere come svolgere correttamente il vostro lavoro!”

Con lei ho imparato il concetto di “cittadinanza”: ogni uomo ha dei diritti e dei doveri, prima di tutto quello di rispettare ed essere rispettato, di riconoscere nell’altro un uomo come lui, anche se apparentemente “diverso”, ha il dovere di riconoscere e “fare sue” le regole e le leggi che lo possono far vivere in pace !o

Strada facendo ho sperimentato che purtroppo, nella vita, la situazione è spesso diversa.

Però so che quei concetti sono fondamentali se vogliamo vivere in pace e civilmente … perciò li ho resi i cardini della mia vita.

Penso sia una cosa bella e dolce il ricordare. Non vuole dire vivere nel passato,  piuttosto  recuperare la dolcezza e la bellezza che è rimasta. Anche questi sono valori e i valori sono importanti.

Esprimo dunque profonda gratitudine a chi me li ha insegnati.

Flora Crosara

One Comment

  • Monica

    Grazie Flora, in questa tua storia di vita ritrovo un po’ le mie emozioni passate. Tutti siamo stati emozionati e alle prese con un nuovo contesto nel quale confrontarci. Da questo confronto abbiamo appreso e siamo migliorati. L’importante è che esso non diventi competizione ma voglia di affrontare le difficoltà con l’aiuto di insegnanti consapevoli.

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